martedì 17 gennaio 2012

A spasso per i blogs......

sssbandina dal blog : MALAFEMMINA.BLOG





La trottola imperfetta

Il mondo è una sfera imperfetta, schiacciata sui poli, asimmetrica. Il mappamondo ne è la rappresentazione stilizzata, semplificata. Una sfera perfetta. Un giocattolo bizzarro in cui puntare il dito e viaggiare senza valigia né treni. L’azzurro mi si imprime negli occhi. C’è più mare che terra nel mondo. Ci sono più pesci che persone. Ma il rumore è più forte del silenzio; pochi esseri umani sono muti come pesci.

Appoggio il palmo della mano sull’Africa, come per farle una carezza, e faccio ruotare la sfera sul perno metallico; gira, gira; sembrano pagine sfogliate da un vento fortissimo. Il mare e la terra si fondono in un minestrone di colori…e poi il mondo rallenta, la sua corsa scema; America, Europa, Africa…sempre più lento, il mondo sta per fermarsi…Comincio a distinguere le forme dei continenti che si colorano a poco a poco. Giallo, verde, rosso…Medio Oriente, Asia…piano, sempre più piano..La sfera è ferma.

Sono in India.

L’azzurro adesso è blu scuro, e torna a riempirmi la vista; l’oceano è immenso e profondo, sembra piangere l’intensità. Salgo sulla terra con gli occhi e vedo contorni del Paese: neri e spessi. L’India è arancione, come le tuniche dei monaci al Taj Mahal. Sento salire un caldo afoso. Secco e soffocante. L’aria è rarefatta; lontano le cose svaniscono nel bruciore dell’orizzonte, che sembra un incendio senza fuoco. Dopo la danza frenetica dei continenti, adesso tutto è calmo. L’India è lentezza, il trascinarsi delle cose e delle gambe, gesticolare senza fretta, masticare pigro. E non è questa la tristezza, la tristezza non è lenta né arancione. Non è neanche l’impossibilità. Forse è solo la ragione, la capacità di leggere attraverso, di rispondere.



Una carezza all’India e via, un altro giro alla trottola imperfetta…dove vuoi perderti, adesso, nel mondo inventato?






Cleptomania dal balcone

Se la vita fosse uno xilofono suonato a quattro mani in una veranda insonorizzata,  se il ritmo andasse a ritmo con  le intuizioni scordate, se perdendo si piangesse non per la sconfitta ma per il tempo perduto a dirsi che si sta perdendo, invece di riempire settimane enigmistiche per non guardarsi negli occhi, se si uscisse dai ristoranti cinesi senza il fritto sui vestiti e ci si chiedesse almeno cosa significa il nome del locale, se gli impermeabili di marca davvero riparassero dai temporali improvvisi, se guardarsi dormire avesse ancora il sapore intrigante di una sottile indecenza, se la paura che si impiglia nei capelli fosse un elastico buffo che invita a scambiarsi baci sulle fronti libere...       
 


(Se fossi un ladro professionista, come minimo ti avrei rubato tutta l'argenteria, ma sono un principiante e punto al cuore, anche se fino ad adesso mi è riuscito solo di infilarmi in tasca il tuo tubetto quasi vuoto di dentifricio. È stato un furto freudiano: inconsciamente puntavo a infilare, vicino al mio spazzolino, nello stesso biccchiere sulla mensola del bagno, il sapore dei tuoi baci, per ritrovarlo ad ogni risveglio, con la pipì che spinge e gli occhi ancora stropicciati, o la sera tardi, quando dondolo davanti al lavandino e lo specchio mi fa le facce brutte).
Se ad ogni incrocio ci fosse un'indicazione, non dico luminosa, ma appena appena leggibile, se non ci fosse il buco nell'ozono che ci fa sentire ebeti e infelici, forse potremmo lasciarci messaggi con gli spray, e tutti imbrattati sulle mani e sui calzoni tornarcene dentro la veranda con gli spartiti aperti, sgranocchiando noccioline americane e canticchiando canzonette con la bocca piena di risolini acuti, come bambini eccitati a Natale, senza la pazienza di sfilare il fiocco rosso dalla bicicletta sotto l'albero. E se un giorno noioso ed inutile come una quercia spoglia ci si sentirà urlare alle spalle: "Hai voluto la bicicletta?", ci slogheremo le caviglie pur di dimostrare che pedaliamo eccome, col fiatone e i polpacci gonfi, anche se nelle tasche nascondiamo le rotelle per sentirci  più sicuri, per illuderci di stare in equilibrio.
Ma io a Torino mi mangio un kebab da Aziz, e parliamo delle rotelle che abbiamo nelle tasche, nella testa. A Torino se voglio sto a casa e guardo Torino dal bacone. E non lo dico cos’è. Non lo dico.

GRAZIE......


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